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Writer's pictureArianna Galli

Baudelaire e Parigi come luogo della modernità splenetica

articolo di Arianna Galli per la rivista culturale online L'Eclisse per il 20 Aprile 2021


La modernità è movimento, mutamento, metamorfosi.


Non è la Natura, statica ed eterna, ma è la città mobile, Parigi, che muta il volto più rapidamente di un cuore umano, che diventa in Baudelaire protagonista dei suoi affreschi rappresentanti la modernità, la modernità splenetica.


Perché per Baudelaire Parigi non è solo un insieme di palazzi e di chiese, ma è molto di più: è il carattere forte e sensuale di donna che la abita, sono i parigini che la rendono viva e che la fanno camminare per le sue vie, senza meta. E così, nella Parigi di Baudelaire si sente nell’aria il senso del malessere dello spleen, il senso di dolore e di sofferenza umana.


Non è attraversata dalla Senna, ma da un fiume di sangue.


Ne Les Fleurs du mal, la grande raccolta poetica di Baudelaire, Parigi è dipinta nella sezione Tableaux Parisiens, “Schizzi Parigini”, in cui il poeta vaga per la città formicolante, la città piena di sogni, scoprendo la gente che soffre, la gente che vive e cade nel dolore più profondo.


Si sente un senso di angoscia osservando il corpo malaticcio di una giovane mendicante dai capelli rossi, un cigno scappato da una gabbia che si trascina morente ed esule per le strade, sette vecchi poveri in processione come spettri, brutte vecchiette che sono però ancora anime da amare, i ciechi, una donna alta, slanciata, a lutto, in un dolore maestoso, la danza macabra di una donna scheletro che nei suoi abiti sfarzosi si inoltra in un ballo per sedurre, affascinare con occhi profondi di tenebre e vuoto.


Parigi poi ritorna come protagonista assoluta in Spleen de Paris, poemetto di una prosa poetica e musicale, così flessibile e nervosa da adattarsi ai moti lirici dell’anima.


Come su una passerella, scorrono le immagini della disperazione di una vecchia tanto brutta da non poter amare più neanche un bambino, degli scherzi di un folle ad un vetraio, di un bagno nella folla, di un artista straziato dal desiderio di dipingere, di un vecchio saltimbanco che come il poeta cammina su un filo tra due dimensioni, il cielo e la Terra, la realtà e l’illusione.


Tutto è in uno stato di inquietudine, di malessere, di noia, di incomunicabilità: la città diventa così luogo della modernità splenetica, in cui gli uomini, nel fango, come l’uomo di Ovidio ancora tendono lo sguardo verso il cielo, alla ricerca dell’Idéal, alla ricerca di una pace.



L'articolo è visibile nella pagina ufficiale de L'Eclisse al seguente link :


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