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Arianna Galli è su "Artshows"

Writer's picture: Arianna Galli Arianna Galli

Il critico letterario Davide Bonamici parla della prima raccolta poetica di Arianna Galli "Non c'erano fiori" nel suo articolo per la rivista letteraria "Artshows" del giorno 30 marzo 2022. Qui un estratto.


Le ispirazioni sono tante, dalle teorie Freudiane ad Amore e psiche, per raccontare il decorso verso la pazzia di Irene che, dopo un’intensa esperienza con colui che viene descritto con sembianze angeliche, compie un viaggio dentro sé stessa e nelle sensazioni che può far provare l’amore.


Questa è una delle premesse con cui nasce Non c’erano fiori, silloge di Arianna Galli, giovane poetessa milanese di origine bresciana. Una raccolta di poesie che sono legate l’una all’altra da un unico filo rosso, quello di una passione spezzata dalla morte.

Il libro è suddiviso in quattro parti (Lanterna, Baci irrequieti, Volo e Sfere), ma ad esse se ne aggiungono due: all’inizio vi è il Prologo e alla fine il Commiato. In ognuna delle parti viene descritta l’evoluzione della storia, dalle sensazioni provate da Irene durante gli istanti passati insieme all’ amato, fino a quelle provate dopo la sua morte

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In Lanterna, primo capitolo della silloge, viene evocato l'innamoramento di Irene per il protagonista maschile, che lei nella sua pazzia chiama angelo. Per quanto possa sembrare fugace, le tre poesie di questo capitolo raccontano l’intensità dell’esperienza vissuta dalla ragazza, dove sono i cinque sensi a descrivere ciò che sta succedendo. Infatti, la vista ha una parte fondamentale, il movimento delle immagini, gli sguardi che cercano un punto fisso e poi si ritrovano, e il gioco d’ombre che caratterizza la danza dei corpi. Anche l’udito, il gusto e il tatto si rivelano imprescindibili nel racconto, ma riescono ad essere raggruppati, con sapienza dall’autrice, nell’insieme dei pensieri che vengono vissuti in quegli istanti da Irene.

Si passa a Baci irrequieti, il secondo capitolo, dove a parlare è la passione che Irene prova per la persona amata con chiare allusioni sessuali e le sensazioni che rimandano all’odore del corpo dell’angelo, così intenso ed unico che viene descritto come se fosse di “fiori ancora sconosciuti agli uomini”. Oltre a questo particolare, emerge un forte richiamo artistico, come se la presenza dell’angelo portasse a sviluppare la creatività di Irene, che raffigura l’amato come un sogno dipinto sulle mani e poi svela il desiderio di volerlo dipingere nell’aria.


In Volo, composto da sette poesie, si assiste al volo dell’angelo al Cielo, che rappresenta simbolicamente la sua morte, e al conseguente dolore di Irene. Emerge la costante temporale, il mezzogiorno scandito dalla campana, poi le ore pomeridiane (“ore bianche”) e quelle serali (“ore nere”) che passano con fulmineo fervore, fino ad arrivare nuovamente alla mezzanotte, in cui Irene si dispera per non essere riuscita ad incontrare nuovamente il saluto del suo angelo. Nel capitolo si fanno notare due elementi naturali, ovvero il vorticare delle sensazioni che porta l’anima quasi ad affogare nei frammenti dei “castelli di sogno” e il cielo di Milano, dove il suo tipico aspetto cupo e plumbeo farà vivere i ricordi della nottata precedente, ma che anticiperà la rinascita presente in Sfere, ultimo capitolo dell’opera.


Nelle ultime otto poesie, Irene convive col dolore della perdita dell’amore, soffre per le “Ferite aperte invisibili/Lacrime trasparenti” ed inizia a manifestarsi uno strano walzer nella testa di Irene, ovvero quello in cui tenta di relegare alla cenere il ricordo dell’angelo, ma in cui non riesce a dimenticare l’intensità dell’esperienza e quindi rivive i ricordi delle sensazioni provate. In questi, l’angelo brucia tutto ciò che incontra ed emergono tratti appartenenti alla poetica di Georg Trakl: ovvero la raffigurazione dei corpi nudi come se fossero scheletri, ormai bruciati dal passato, e il sangue che inizia a caratterizzare gli elementi presenti nel contesto della storia, i fiumi che scorrono nel dolore e il cielo di Milano che sanguina ferito, come l’anima di Irene. Però è dalle ferite che Irene vuole ripartire, da tutto ciò che l’angelo brucia e che col passare del tempo lo fa anche con il suo ricordo, lasciando negli occhi della ragazza la fermezza di continuare a credere nell’incontro.


E così si arriva al Commiato, dove la cenere di quel ricordo si trasforma in un qualcosa di arido, Milano è frammentata e anche l’aria circostante somiglia ad un deserto, in cui si intravede uno spiraglio: la rosa rossa sul corpo di Irene. Essa rappresenta la rinascita, perché appare da uno scenario di desolazione e in cui il suo quotidiano sembra sia diventato un insieme di dune desertiche atte a inaridire ogni ricordo di quella esperienza. La rosa è un simbolo d’amore, ma che in questa occasione si riversa sulla figura di sé stessa e della propria vita, perché Irene ne deduce un significato fondamentale e descritto nell’ultima riga dell’opera: “L’abbandono è il primo passo verso il futuro”.


Arianna Galli, con la sua opera di debutto Non c’erano fiori, rappresenta il superamento del dolore. E lo fa usando metafore ispirate alle teorie di Freud, ma anche citando le opere di altri autori (il mito di Amore e Psiche e Le libere donne di Magliano di Tobino), dando un forte impatto emozionale a chi si ritrova a leggere le sue parole e permette di trarre delle riflessioni sul rapporto con noi stessi, sulla nostra identità, sul dolore, sull'amore.



L'articolo completo si può leggere sul sito ufficiale di "Artshows" al seguente link:



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